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LE SUFFRAGISTE, EVOLUZIONE DEL FEMMINISMO IN INGHILTERRA

 << Il femminismo nel pensiero politico. Un saggio di storia dimenticata >>   di Katiuscia Giubilei  
VII uscita continua il III capitolo

VIOLENTA E DRAMMATICA SARÀ LA LOTTA DELLE SUFFRAGISTE

Già dal nomignolo dispregiativo “suffragette” (usato dagli uomini di tutti i partiti e di tutti i ceti sociali per deridere la pretesa al suffragio) è testimoniata la forte resistenza opposta al movimento di emancipazione rosa. Nel 1867 un uomo di larghe vedute, l’economista John Stuart Mill, tentò di avanzare in Parlamento una proposta paritaria, ma riuscì a provocare una forte rissa già solo per sostituire la parola male (maschio) con man (uomo), da intendere come individuo comprendente anche il sesso femminile e, al di là dello scalpore, non raggiunse alcun risultato.

Solo nel 1869 le donne inglesi ottennero il diritto di voto nelle amministrative attraverso un importante gruppo d’azione,  l’ “Unione sociale e politica”, fondata nel 1903 da Emmeline Pankhurst (Manchester 1858 – Londra 1928), la cosiddetta primula rossa del femminismo inglese, alla guida del movimento suffragista. Arrestata e processata diverse volte, non si arrese mai ma continuò a presentare istanze e richieste, finché nel 1911 la violenza entrò nella lotta: numerose donne, che sostavano in attesa di essere ricevute dal primo ministro, furono caricate brutalmente dalla polizia, che esasperandole provocò una violenta reazione: furono demoliti sei edifici, fracassate le vetrine dei negozi, incendiate due stazioni ferroviarie e diversi vagoni in sosta sui binari morti… e la contro-risposta del Governo fu altrettanto forte tanto che centinaia di operaie vennero incarcerate in condizioni così dure, da indurre le protestanti  allo sciopero della fame.

Finché, il sacrificio personale di una di loro mutò l’atteggiamento dell’opinione pubblica: durante una gara, la suffraggetta Emily Davidson perse la vita, gettandosi sotto le zampe dei cavalli, mentre le compagne manifestavano davanti al palco reale. Lo stesso re Giorgio V ne rimase profondamente colpito e concesse l’amnistia alle detenute. Lentamente il Parlamento approvò la nuova legge elettorale e nel 1918 fu concesso il voto politico. Questo il commento della Pankhurst: “ La conquista del voto è stata una grande vittoria, e non solo delle donne ma di tutti gli esseri umani e della democrazia. Il voto però è soltanto il primo risultato che abbiamo raggiunto. Poter andare a votare come gli uomini afferma pubblicamente il nostro diritto di uguaglianza. Ma siamo davvero uguali agli uomini, nei lunghi mesi che intercorrono tra una consultazione elettorale e l’altra? Non mi pare. Certo nel nostro Paese la donna, soprattutto con il suo impegno ed il  duro lavoro, si è conquistata un nuovo rispetto ed una nuova dignità. Ma quanti pregiudizi permangono! (…) Io non so quale sarà domani la nostra battaglia, ma vedo nel futuro altre lotte. Gli uomini, che detengono ancora quasi tutto il potere, non sembrano disposti a riconoscere tutti i nostri diritti di uguaglianza. Per questo ci sarà ancora da scendere in campo”.

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Votato dal Congresso del 4 giugno 1919 e ratificato il 18 agosto del 1920, il 19° emendamento garantisce a tutte le donne d’America il diritto di voto

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Emmeline Pankhurst, attivista e politica britannica

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Una manifestante portata via dagli agenti

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Suffragiste in posa

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Io e Katiuscia, l’autrice del libro. Quattro chiacchere, un caffè e sempre uno sguardo attento a quello che succede intorno a noi!

 

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