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il femminismo in Francia, le origini

Il femminismo in Francia da << Il femminismo nel pensiero politico. Un saggio di storia dimenticata>> di Katiuscia Giubilei

I primi accenni del femminismo in Europa

capitolo III continua

“O LIBERTÉ, QUE DES CRIMES ON COMMET EN TON NOM”

Sono le parole di Jeanne-Manon poco prima della sua decapitazione

 Il femminismo in Francia, le origini

II parte

Nel 1793, anno del Terrore, l’istituzionalizzazione dell’attività politica femminile e la costituzione della Società delle Donne Repubblicane Rivoluzionarie, provvide a formulare il ruolo delle femmes sans culottes: con il varo della Costituzione, molte di loro andarono a votare nelle assemblee con gli uomini, pur consapevoli del valore unicamente simbolico della propria azione.

Le donne del popolo marciavano per Parigi, le dame dell’alta società sostenevano e difendevano nei salòns le nuove idee, assorbite dalla stampa e dalle tribune dell’Assemblea Nazionale. Ma quel 5 settembre, sotto la pressione della folla fu “legalizzato” il regime del Terrore, che aveva avuto inizio nel luglio dello stesso anno. Da quel momento iniziò la turbolenza delle parigine, impegnate nei rapporti complessi e dunque difficili, con i giacobini. Venne messo in discussione non solo il patriottismo delle loro società ma soprattutto la capacità di impegnarsi nelle difficili questioni della politica. Follia volle che la conclusione comune di approdo fu che le donne, anche fisiologicamente e psicologicamente, nonché intellettualmente, vennero ritenute incapaci di impegnarsi degli affari di governo; lo slogan comune del momento fu vergognoso, “rimettere le donne al loro posto”.

Le istanze femministe mostrarono il distacco tra i principi di libertà e la persistente volontà rivoluzionaria di preservare, o di accentuare, la precedente ineguaglianza tra i sessi. La chimera della libertà e dell’uguaglianza svanì rapidamente ed anche se i valori patriarcali della società non vennero scalfiti nelle giornate d’ottobre e nel Terrore, padri, cittadini di qualunque convinzione e fede politica, vissero la partecipazione femminile come una aberrazione contro natura, cui mettere fine. Il 18 brumaio (9 novembre 1799, colpo di stato della Francia post monarchica, compiuto da Napoleone Bonaparte), le rappresentanti della Società si recarono alla Convenzione per protestare contro lo scioglimento della Società. Ma i deputati si rifiutarono di ascoltarle.

Già un mese prima, la loro presidentessa, Claire Lacombe – una ex attrice, che si segnalò durante la giornata del 10 agosto del 1792 (quando il popolo armato prese d’assalto il castello delle Tuileries) e che il 10 maggio 1793 fondò la Société des Républicaines Rèvolutionnaires composta di sole donne (circa 170) – venne allontanata, con l’imputazione di aver utilizzato un tono aggressivo ed eccessivamente eloquente. Questa umiliazione, impostale dai giacobini, rende molto chiaro il ruolo attribuito alle donne nella Repubblica francese! Quando infatti la successiva delegazione femminile, indossando il berretto rosso della rivoluzione – sempre nella speranza di evitare lo scioglimento della Società – si recò al Consiglio del Comune di Parigi, Pierre Chaumette, uno dei membri ricordò: ”Essere donna: le tenere cure dell’infanzia, le faccende domestiche, le dolci ansie della maternità, questi sono i vostri compiti!”. (nda Non che io, attraverso il mio studio, abbia voluto contrastare con i compiti qui sopra enunciati, ma essi non possono tuttavia  essere il frutto di una imposizione maschilista e sessuata, ma unicamente della libera scelta di noi donne).

Chaumette si fece inoltre minaccioso, ricordando i tragici destini di Madame Roland, poco tempo prima ghigliottinata, e di Olimpia de Gouges e l’Assemblea applaudì con calore all’orazione, convinta evidentemente della sua giustezza.

Intanto, altre donne, si segnalavano per la loro partecipazione. Tra di esse merita un ricordo la testé citata viscontessa  Marie-Jeanne Roland de la Platièr (1754-1793) ispiratrice dei Girondini.

Fin da giovanissima, ricevette nel proprio salotto i patrioti, che non erano ancora distinti in girondini e giacobini. Appartenente ad una famiglia da poco liberata dal lavoro manuale, seppure ancora a metà strada tra il proletariato e la condizione borghese, Jeanne Manon ricevette una educazione accurata, degna della figlia di un grande uomo. Studiò l’italiano e l’inglese e si appassionò a Plutarco e Rousseau, facendo della Rivoluzione e dell’impegno politico la sua strada.

Divenendo capo di partito, sollevò contro se stessa e contro il proprio marito l’antipatia della classe aristocratica. Caratteristica fu la modalità con cui presiedeva il proprio salotto, con tatto, discrezione e silenzio, se ne rimaneva seduta al di fuori del circolo degli uomini, apparentemente intenta solo al proprio lavoro di cucito o alla corrispondenza. La sua è stata una specie di autolimitazione, che non le impedì tuttavia di esercitare una notevole influenza sui propri ospiti, anzi forse fu proprio quella sua apparente ritrosia a permetterle tanta autorità. Nonostante i moltissimi contatti ed amici, la sorte della Gironda decretò purtroppo la sua fine, Jeanne-Manon venne arrestata e decapitata l’8 novembre del 1793 e morendo, con dignità e coraggio, salutò la statua della libertà recitando,“O liberté, que des crimes on commet en ton nom”.

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Immagine 1 Il generale Bonaparte al Consiglio dei Cinquecento, a Saint Cloud. 10 novembre 1799 di François BouchotVersailles

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Immagine 2 Madame Roland, ritratto

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Immagine 3 Madame Roland, libro

Sitografia

www.histoire-france-web.fr/images/Roland.jpg

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Amo chi legge. E leggo chi amo.

Un momento di relax, fatto di sorrisi e cultura con l’autrice Katiuscia Giubulei,

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