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IL FEMMINISMO IN ITALIA

<< Il femminismo nel pensiero politico. Un saggio di storia dimenticata>> di Katiuscia Giubilei

I primi accenni del femminismo in Europa

capitolo III continua

SI DISTINSE PERFINO UNA SUORA TRA IL FEMMINISMO DEL CINQUE E DEL SEICENTO NEL NOSTRO PAESE 

Nacque nel 1508 a Roma, da una cortigiana e dal cardinale di sangue reale Luigi d’Aragona, Tullia d’Aragona, figlia vera del Rinascimento colto e naturalistico. La sua opera indimenticabile per originalità, ardire e avanguardismo è “Il dialogo sull’infinità dell’amore” (1547) in cui l’autrice enuncia, con un originale punto di vista che piacque molto alle donne colte del Cinquecento, il piacere fisico. La giovane parlò con estrema disinvoltura delle gioie procurate all’amante e si rese interprete della più delicata e raffinata poetica dell’eros. Musa e insieme venditrice d’amore, una notte con lei poteva costare perfino cento scudi!

La sua opera raccolse il parere favorevole perfino della lingua tagliente dell’Aretino che la definì “una vera regina!”. Ed anche Quasimodo, più avanti, nel 1957 inserì la sua poesia “Amore un tempo in così lento fuoco” nella taccola da lui curata, dal titolo “Lirica d’amore italiana”. Fu di certo una donna di grande intelligenza, capace di entrare nel dibattito sulla morale dell’amore dei più famosi intelletti maschili del XVI secolo in Italia.

Sessualmente libera e finanziariamente indipendente, Tullia d’Aragona osò discutere l’unica forma morale del tempo, che negava la razionalità delle donne e ne relegava la femminilità al regno della fisicità e del peccato. Ma Aragona rivendicò tutte le donne, proponendo una morale d’amore capace di ripristinare la loro parità intellettuale e sessuale. Attraverso il proprio ragionamento acuto, la propria ironia, l’umorismo e l’abilità linguistica, ha rappresentato la rara immagine di una donna intelligente e riflessiva, combattente contro gli stereotipi della sessualità del XVI secolo.

Dopo di lei, come si accenna nel titolo e nella precedente pubblicazione, merita un ricordo Suor Arcangela Tarabotti (1604-1652), benedettina ardita, che propose la propria idea femminista dalla clausura! Contrappose al maschilismo maschile, la vanità stessa dell’uomo del tempo, che lasciava in casa le mogli per poi mostrarle, in giro ben vestite nei giorni di festa, con quegli stessi abiti che lui stesso criticava perché troppo sfarzosi e ingombranti; e tutto questo solo per appagare il proprio edonismo… i “bravi” mariti, che risparmiavano con le mogli per spendere con le prostitute.

Arguta e dalla lingua tagliente, Suor Arcangela Tarabotti avrebbe desiderato essere educata allo studio, per godere di una vita indipendente, articolata tra i vari circoli letterari veneziani; ma il padre la costrinse al convento, a soli 16 anni. Tra le sue opere vanno ricordate “La tirannia paterna” ed “Inferno monacale” (dai titoli se ne può evincere il contenuto) e ancora “La semplicità ingannata” (1654), una dura protesta contro la clausura forzata delle giovanissime.

Nel 1644 le dame sue amiche le portarono copia della “Satira contro la vanità delle donne” e la pregarono di rispondere in difesa del proprio sesso; lei scrisse quindi un’ “Antisatira in risposta al lusso donnesco” che fu un grande successo. denunciando i testi misogini dell’epoca, Tarabotti mostrò quanto spregevole fosse per Venezia (Repubblica che vantava le proprie libertà politiche) privare le donne dei propri diritti riconosciuti al contrario agli stranieri. Infine, attraverso avvincenti letture femministe della Bibbia e di altre opere religiose, Tarabotti si impegnò a i mostrare che le donne sono chiaramente uguali all’uomo agli occhi di Dio.

Nelle immagini, il dipinto “Et nous aussì” di Jean Jacques Lequeu 1797-1798; due libri, di Suor Arcangela Tarabotti e Tullia d’Aragona; ed il frontespizio del “Dialogo della signora” di quest’ultima.

Jean Jacques Lequeu - Et nous aussì - 1797-1798

 

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In versione Suora 🙂 con Katiuscia Giubilei #IlGiocoDelSapere

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